Recente la notizia passata su tutti i TG nazionali che in una scuola di Vicenza, un professore di storia, abbia contestualizzato una sua lezione sul fascismo facendo cantare “faccetta nera”. Recente e scandalosa. Oltraggiosa. Inammissibile. La mia riflessione non vuole andare a toccare la politicizzazione che alcuni professori possono fare o meno delle proprie lezioni, ma di come questi invece possano al giorno d’oggi fare o meno i professori. “Voi speriamo che ve la caviate”, mi viene da dire parafrasando un meno recente film di indagine scolastica. E speriamo davvero, perché noi ragazzi degli anni ’80 ce la siamo cavata ma a renderlo possibile sono stati anche proprio i nostri professori. Diplomata in una scuola made in brianza, ricordo ancora benissimo alcuni dei miei insegnanti e le loro lezioni. “Very politically scorrect”, si direbbe ora e altro che passaggi sui TG nazionali. Il nostro professore di italiano si presentava la maggior parte delle volte con le mani sporche di terra (aveva un orto) e col fil di ferro in tasca (costruiva il recinto per l’orto). Il suo programma di studi credo non sarebbe stato approvato da nessun Ministero se non quello de “la vita reale”. I poeti che ci faceva studiare erano tra gli altri Carmen Consoli, nota cantante siciliana e molti tra i più noti registi cinematografici italiani. Le lezioni erano quasi sempre in aula proiezione. E voleva prendessimo appunti. “Ragazzi, è con il cinema che si denunciano i soprusi, si è iniziato negli anni ‘40”. Noi lo prendevamo in giro, sempre un po’ sopra le righe. Pronto a non risparmiarci il suo brianzolo“ l’è un capiss nagott” (trad. “quello lì non capisce nulla”), riferito al politico che di turno veniva eletto. Ed era anche pronto a dirti che quel “nagott” non l’avevi capito neanche tu se decidevi di iscriverti a quella che secondo lui era la facoltà universitaria per la quale tu non eri fatto. E non c’era nessun regolamento, nessuna direttiva, nessun decreto che bandisse queste sue parole. Quel che credo, è che dietro quel suo modo alternativo di fare lezione, dietro quello che forse c’è in quello di alcuni professori di oggi, ci sia il trattare i ragazzi da adulti. Il credere che siano grandi abbastanza per capire da soli cosa gli venga detto, in che modo e valutarlo. Oggi più che mai, dove l’accesso al mondo web avviene da giovanissimi, dove da altrettanto giovani si viene a contatto anche con il mondo reale fatto di fatti. Concentrandoci meno sulla caccia alle streghe armate di registro, si tratta di fornire ai ragazzi quanto più ampio e vario materiale possibile per far sì che, speriamo, se la cavino.
Laura Grassi
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