lunedì 28 novembre 2011

Giornata mondiale contro la violenza sulle donne e non solo


“Tre costole rotte, due denti mancanti e cinque bruciature di sigarette sulle gambe”. Questo il sottotitolo di un viso luminoso di un’ apparentemente splendida donna. “La violenza non è sempre visibile”. Questo, a continuare, lo slogan del manifesto vincitore della campagna stampa realizzata in occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne, del 25 novembre 2011.
La violenza è qualcosa che non sempre è visibile. Esiste e permea gli Stati tutti, non guarda in faccia al benessere, alla cultura, all’erudizione. Esiste e si cela tra le mura di casa, nei vicoli delle strade, nelle macchine, ma non solo. Esiste e si cela in posti ancor più piccoli. Nella gola di chi non riesce a denunciare, a parlare. Nella mente di chi continua a rivivere la violenza subita, ogni giorno. Negli occhi che guardano basso, perché cosa c’è dopo ancora non riescono ad immaginarlo, sono occhi che guardano sempre indietro. Occhi di una donna su tre, come ci fa sapere l’Istat, che nella sua vita è stata colpita dalla violenza di un uomo. Fisica, psicologica, verbale, fino ad arrivare alla più recentemente riconosciuta “violenza di perseguitazione”: lo stalking, forma ad oggi sempre più diffusa di violenza in quanto tende a perdurare anche a seguito di una denuncia.
“Tre costole rotte, due denti mancanti e cinque bruciature di sigarette sulle gambe”. Questi i danni che non si vedono in volto ma che calpestano il corpo di una donna, oltre ai danni indiretti che le attraversano lo spirito. Sono infatti moltissime le donne, secondo i dati della ricerca “Daphne III: Violenza sulle donne, danno indiretto” che avendo subito violenza, o avendola vissuta in famiglia da bambine, negano a se stesse il desiderio di costruire una coppia orientata alla formazione di una famiglia. E non solo, parlando di violenza, la psicologa Maria Rita Parsi, tratta anche quella che oltre alle donne, sono gli uomini a subire, spesso da donne che sono state loro stesse prime vittime di violenza e che infliggono, nella maggioranza, ai propri figli maschi facendoli diventare la propria arma di riscatto e pretendendo da loro che facciano qualcosa per loro in quanto madri, dal momento che credono che loro stesse non possono fare nulla per se stesse.

Saranno molte e varie le manifestazioni che in questa giornata mondiale contro la violenza sulle donne si terranno in tutto il mondo. Una giornata che potrebbe essere l’occasione per riflettere sul significato di violenza, che subita dalle donne riguarda in realtà ogni essere umano.



Perché non succeda più.



Laura Grassi

Undici Undici


Bacio. Kiss. Baiser. Kuss. Oppure ancora, X, corrucciare le labbra, :*, strofinarsi i nasi. Tanti modi diversi per dire la stessa cosa. Una cosa che conosciamo tutti. Il gesto che ci segna fin dalla nascita: un bacio.


Oltre a questo tantissimi altri gesti, tantissime altre parole universalmente diffuse possono essere definite in molteplici modi.

Ogni esperienza infatti, che possiamo chiamare “territorio”, può essere interpretabile da ognuno di noi secondo la propria “mappa”. Per uno stesso territorio, possono esserci tante mappe diverse quante diverse interpretazioni che ognuno ha dato a una stessa esperienza.

Pensiamo concretamente a un territorio geografico, a una collocazione spaziale da dover raggiungere. C’è chi per farlo userà un navigatore , chi indicazioni schizzate a penna su un foglio di carta, chi le parole date da un passante incontrato lungo la strada e chi a mente cercherà di ricordare il percorso. Tutte queste sono diverse possibili mappe. Diverse mappe per lo stesso territorio, ognuna per ciascuna persona. Una mappa costruita negli anni, a seconda di quello che ciascuno ha imparato e provato. Per un territorio lavorativo qualcuno potrà leggere sulla sua mappa, soddisfazione, appagamento. Qualcun altro frustrazione. Così il “vado a lavoro” sarà seguito da un sorriso per qualcuno e da un leggero mal di stomaco per qualcun altro.

Ma cosa succede se due mappe diverse si trovano a interpretare uno stesso territorio? Cosa succede se due collaboratori, due amanti, due amici, due compagni di squadra, si trovano a confrontarsi su una stessa esperienza? Succederà che più le loro mappe saranno simili, più sarà facile per loro capirsi, comprendersi, essere d’accordo. Ma potrebbe succedere qualcosa di ancora meglio. Potrebbe succedere che le loro mappe siano molto diverse. Da due mappe uguali, si ricaverebbe sempre lo stesso numero di informazioni, ma due mappe diverse, due modi diversi di interpretare un’esperienza potrebbero dare l’opportunità a ciascuno di arricchire le proprie informazioni e di aggiungere dettagli alla propria mappa. Certo, bisognerebbe mettersi a tavolino, con le mappe o menti aperte che siano e raccontarsi come ognuno interpreta uno stesso territorio. Bisognerebbe prendere delle matite, dei pennarelli, dei pastelli o gesti che siano ed essere disposti a mettere dei nuovi segni sulla propria mappa, a cancellarne altri che si troveranno superati. E tutto questo, solo perché si ha avuto la fortuna di incontrare una mappa diversa, una persona diversa. E quando questo succede, è quasi sempre bene lasciare che le due persone si mischino le mappe tra di loro. Immaginate se arrivassero altre due, tre, quattro mappe a dire la loro! Ma alla fine della contaminazione tra mappe potrebbe accadere di trovarsi poi di fronte a un’esperienza comune come quella di un bacio. Bacio. Kiss. Baiser. Kuss. Oppure ancora, X, corrucciare le labbra, :*, strofinarsi i nasi. Tanti modi diversi per definire lo stesso territorio. E con una mappa così piena di informazioni, non potrà altro che essere un fantastico viaggio alla scoperta di tanti territori da interpretare…



Laura Grassi

La mappa delle esperienze

Bacio. Kiss. Baiser. Kuss. Oppure ancora, X, corrucciare le labbra, :*, strofinarsi i nasi. Tanti modi diversi per dire la stessa cosa. Una cosa che conosciamo tutti. Il gesto che ci segna fin dalla nascita: un bacio.


Oltre a questo tantissimi altri gesti, tantissime altre parole universalmente diffuse possono essere definite in molteplici modi.

Ogni esperienza infatti, che possiamo chiamare “territorio”, può essere interpretabile da ognuno di noi secondo la propria “mappa”. Per uno stesso territorio, possono esserci tante mappe diverse quante diverse interpretazioni che ognuno ha dato a una stessa esperienza.

Pensiamo concretamente a un territorio geografico, a una collocazione spaziale da dover raggiungere. C’è chi per farlo userà un navigatore , chi indicazioni schizzate a penna su un foglio di carta, chi le parole date da un passante incontrato lungo la strada e chi a mente cercherà di ricordare il percorso. Tutte queste sono diverse possibili mappe. Diverse mappe per lo stesso territorio, ognuna per ciascuna persona. Una mappa costruita negli anni, a seconda di quello che ciascuno ha imparato e provato. Per un territorio lavorativo qualcuno potrà leggere sulla sua mappa, soddisfazione, appagamento. Qualcun altro frustrazione. Così il “vado a lavoro” sarà seguito da un sorriso per qualcuno e da un leggero mal di stomaco per qualcun altro.

Ma cosa succede se due mappe diverse si trovano a interpretare uno stesso territorio? Cosa succede se due collaboratori, due amanti, due amici, due compagni di squadra, si trovano a confrontarsi su una stessa esperienza? Succederà che più le loro mappe saranno simili, più sarà facile per loro capirsi, comprendersi, essere d’accordo. Ma potrebbe succedere qualcosa di ancora meglio. Potrebbe succedere che le loro mappe siano molto diverse. Da due mappe uguali, si ricaverebbe sempre lo stesso numero di informazioni, ma due mappe diverse, due modi diversi di interpretare un’esperienza potrebbero dare l’opportunità a ciascuno di arricchire le proprie informazioni e di aggiungere dettagli alla propria mappa. Certo, bisognerebbe mettersi a tavolino, con le mappe o menti aperte che siano e raccontarsi come ognuno interpreta uno stesso territorio. Bisognerebbe prendere delle matite, dei pennarelli, dei pastelli o gesti che siano ed essere disposti a mettere dei nuovi segni sulla propria mappa, a cancellarne altri che si troveranno superati. E tutto questo, solo perché si ha avuto la fortuna di incontrare una mappa diversa, una persona diversa. E quando questo succede, è quasi sempre bene lasciare che le due persone si mischino le mappe tra di loro. Immaginate se arrivassero altre due, tre, quattro mappe a dire la loro! Ma alla fine della contaminazione tra mappe potrebbe accadere di trovarsi poi di fronte a un’esperienza comune come quella di un bacio. Bacio. Kiss. Baiser. Kuss. Oppure ancora, X, corrucciare le labbra, :*, strofinarsi i nasi. Tanti modi diversi per definire lo stesso territorio. E con una mappa così piena di informazioni, non potrà altro che essere un fantastico viaggio alla scoperta di tanti territori da interpretare…



Laura Grassi

La taglia 38 del vestito verde

Fine settimana. Spiaggia. Come miriadi di bagnanti, sdraiata sul mio lettino leggo un libro che trovo straordinario. L’autrice racconta la sua storia, un passato burrascoso, fatto di gioie e dolori, di coraggio e forza. E’ incredibile, penso. Sapere che ci sono persone dall’altra parte del mondo che hanno vissuto qualcosa di simile a te e che lo raccontano e che quando lo leggi vieni contagiato dal loro coraggio, dalla forza dei racconti, dalla condivisione di un’esperienza. Mi alzo e cammino sulla battigia. Ho la pettinatura della serata precedente, una treccia di capelli biondi. Nella fretta di arrivare al mare ho dimenticato di struccarmi. Il mio costume preso a caso dalla cesta dei panni puliti. Mi sento felice. Sto bene. Un ambulante passa. Vuole vendermi un pareo che si trasforma in vestito. Il suo colore verde. Sorrido, lo saluto andando oltre e come un’onda sulla riva, riaffiora un vecchio pensiero dentro me. Sono passati molti anni da quel giorno in quel camerino del negozio d’abbigliamento in centro. Io e un vestito verde da provare, visto in vetrina. Una taglia che non mi sarebbe mai entrata , se non in una decade precedente della mia vita. Un attimo e nella mia mente mille pensieri. “ Sono grassa, sono imperfetta, non sono bella abbastanza, è per questo che tutto sta andando a rotoli nella mia vita: la mia vita sentimentale, lo studio, i rapporti con la mia famiglia”. Dovevo entrare in quel vestito verde. Volevo la vita che avrei avuto se fossi entrata in quel vestito verde. Volevo la vita delle donne che entravano in quel vestito verde, taglia 38. Bisogna sempre stare attenti a ciò che si chiede, perché molto spesso si finisce per ottenerlo. Io lo ottenni di lì a poco, litigando con quei doni preziosi che servono a nutrirci. Il cibo era il mio nemico e gli avevo dichiarato guerra aperta. Lui la prese sul serio, e badò bene, nel giro di poco tempo di sdegnare il mio appetito, di tenersi alla larga dalla mia vista e di lasciarmi spazio per occuparmi dei miei primari interessi: bilancia e specchio. Bilancia pesava anche l’anima, unica a pesare qualcosa e specchio mi raccontava che non sembravo essere così felice come avrei dovuto essere ora che il vestito verde era così grande su di me, così come ogni altra cosa. E mai invece, mi ero sentita così triste e lontana da quello che avrei voluto essere. Mi perdonò. Il cibo mi perdonò. Io mi perdonai. Feci pace con ogni alimento e ogni lato del mio carattere semplicemente amandolo. Sparirono le bilance, gli specchi divennero indifferenti e la taglia dei miei vestiti divenne un bellissimo numero doppio. Sono passati così tanti anni e così tanti vestiti verdi da quel giorno, perché si, adesso se devo scegliere un abito, sicuramente sarà un vestito verde della taglia che mi và, o se ho passato troppe serate in compagnia di amici a gustare ogni ben di Dio, forse anche più grande. Amo i vestiti verdi che abbiano oltre un metro di stoffa, amo andare in giro per la città struccata, mettermi il primo costume che trovo, incrociare le gambe con sicuro effetto “buccia d’arancia” che mi sono guadagnata in lungo tempo di mediazione con ogni pietanza. Amo assaporare ogni cibo, lasciare che incontri il mio spirito come un vecchio amico. Cammino sulla battigia e penso a questo, agli anni, tantissimi che ormai sono passati da quel giorno. Penso al libro che ho appena iniziato a leggere e che racconta un’altra storia, di un’altra donna. Storia di pianti spesi sul pavimento della camera da letto, per rotture sentimentali. Un’altra storia che qualcuno ha avuto il coraggio di raccontare. Rincontro il venditore ambulante. Quel vestito verde è mio. Me lo regalo per onorare il mio corpo, il mio spirito e il mio coraggio. Sicuramente è una taglia a numero doppio. Sono felice. E mando questo pensiero a tutte le donne che pensano di non esserlo ancora.




Laura Grassi