Primavera 2006, Roma. Master di giornalismo. Tra i miei insegnanti i giornalisti più noti e professionalmente riconosciuti della carta stampata e della televisione. Nomi altisonanti, ognuno con la propria storia alle spalle. Tra i miei colleghi, ragazzi e ragazze coetanei, imbarazzati anche loro come me di potersi trovare di fronte alle penne più stimate del giornalismo italiano. Giovani comuni, tra i quali di lì a qualche anno avrei scoperto amici tra i più cari.
Sopra tutti ricordo il maestro che ci raccontò la storia delle "cinque W" (Five Ws). Un buon giornalista, ci spiegava, quando dà una notizia deve soddisfare le cinque W: Who, What, Where, When, Why. Ovvero Chi, Cosa, Dove, Come e Perché. Il perché è sempre la domanda più difficile tra le altre ed è ciò che distingue un ottimo giornalista da uno mediocre. Non vanno fatte supposizioni che potrebbero sfiorare in illazioni ma vanno fatte domande alle persone coinvolte. Corrado, questo il nome del nostro insegnante, negli ultimi anni si era dedicato a scrivere di luoghi lontani per un noto settimanale italiano. "Cosa rende la mia storia qualcosa da leggere diverso da quello che potreste trovare in una qualsiasi guida?". Ci spiegò che lui raccontava il "Will", la sesta W, l'intenzione. L'intenzione era tutto il senso di una storia. Quello che San Tommaso d'Aquino riassume nei suoi 8 elementi, che comprendono oltre che le cinque W anche il "Quantum, Quo modo, Quibus Auxiliis", ovvero il "Quanto, In che modo e Con quali mezzi". Tutto il senso di una storia, di una notizia.
Primavera 2012, Lucca. Lettura di un quotidiano della città. Si informa sulla situazione finanziaria di una nota attività commerciale intramoenia. Un'attività tra le più serie appartenente a una delle famiglie storiche della città cintata, che fonda la sua fama sulla serietà, sulla dedizione al cliente, sul modo di essere commercianti come lo si era una volta, chiedendo come stanno i propri cari, creando un legame di fiducia con la propria città e con i cittadini. Lungi da me disquisire sulla deontologia del giornalista ma questa notizia a pieno pagina mi colpisce e mi rimanda a quel lontano 2006, a quelle lezioni teoriche, a quegli insegnamenti, a quel modo di fare giornalismo. Quando ci spiegavano , a noi 30 giovani studenti, che dietro una notizia c'erano delle persone. Degli amici, dei genitori, dei vicini di casa, dei colleghi. Forse non i nostri ma quelli di qualcun altro e non per questo meno tutelabili. Quando ci spiegavano che se devi fare un articolo pieno di numeri, di dati, devi ricordare che dietro quei numeri ci sono delle persone per i quali hanno un peso, quei numeri, ogni giorno. Quando ci spiegavano che dietro un'attività che si conclude, c'è la fatica di una vita di tante persone, di tante famiglie. Ci sono giorni in cui non si sono andati a prendere i figli a scuola, perché bisognava aprire presto il negozio, ci sono domeniche passate senza i propri familiari perché bisognava pensare all'attività, ci sono feste di compleanno festeggiate giusto in tempo perché bisognava provvedere alla pianificazione dei lavori e tanto da fare. Ci sono bambini che aspettano che i genitori non finiscano troppo tardi di lavorare per stare un po' insieme. Ci sono nottate di soci passate a pensare a soluzioni ossigenanti la propria.....userei il vocabolo "attività" ancora una volta, ma forse dovrei dire "vita". Sì, di tutta una vita. A me, a noi 30 giovani hanno insegnato tutto questo.
E Corrado, ha stampato a chiare lettere nella nostra mente il senso di tutta una storia, il dovere di un giornalista, il Will, la priorità di fare informazione, la necessità di fare informatio, di dare forma alla mente delle persone, di dar loro gli strumenti per capire le motivazioni, le conseguenze, le volontà successive, per dar loro una notizia che diventi bagaglio del proprio vissuto, risorsa alla quale poter accedere qualora si dovessero trovare in una situazione simile. Manca una parte di notizia su questa pagina di cronaca della città ma per quanto la mia penna non sia importante quanto quella dei più emeriti giornalisti, diciamo una Bic paragonata alle Mont Blanc di qualcun altro, voglio far sapere ai "Chi" di questa manchevole notizia che la città sa. C'è una stoffa di persone, di commercianti amici, di persone comuni che conoscono quello che non è stato raccontato. Che sono la memoria storica della città, che può essere letta nei racconti scambiati a voce. Che non si pubblica sulla carta stampata un giorno l'anno, ma che si trasmette ora dopo ora, giorno dopo giorno, mese dopo mese. Che è indelebile.
Traendo spunto dalla letteratura per ragazzi, Robin Hood sarebbe stato solo un furfante se qualcuno non ci avesse raccontato il perché e la volontà del fatto. Invece è un personaggio che incarna l'eroe positivo. E' tutto il senso di una storia. Lo direbbe Corrado e, con permesso, avvicinando il mio nome al suo, lo dico anch'io. Un'ex studentessa di giornalismo, una cittadina di Lucca, un'amica, una collega, una trasmettitrice della parte di racconto mancante.
Laura Grassi
Sopra tutti ricordo il maestro che ci raccontò la storia delle "cinque W" (Five Ws). Un buon giornalista, ci spiegava, quando dà una notizia deve soddisfare le cinque W: Who, What, Where, When, Why. Ovvero Chi, Cosa, Dove, Come e Perché. Il perché è sempre la domanda più difficile tra le altre ed è ciò che distingue un ottimo giornalista da uno mediocre. Non vanno fatte supposizioni che potrebbero sfiorare in illazioni ma vanno fatte domande alle persone coinvolte. Corrado, questo il nome del nostro insegnante, negli ultimi anni si era dedicato a scrivere di luoghi lontani per un noto settimanale italiano. "Cosa rende la mia storia qualcosa da leggere diverso da quello che potreste trovare in una qualsiasi guida?". Ci spiegò che lui raccontava il "Will", la sesta W, l'intenzione. L'intenzione era tutto il senso di una storia. Quello che San Tommaso d'Aquino riassume nei suoi 8 elementi, che comprendono oltre che le cinque W anche il "Quantum, Quo modo, Quibus Auxiliis", ovvero il "Quanto, In che modo e Con quali mezzi". Tutto il senso di una storia, di una notizia.
Primavera 2012, Lucca. Lettura di un quotidiano della città. Si informa sulla situazione finanziaria di una nota attività commerciale intramoenia. Un'attività tra le più serie appartenente a una delle famiglie storiche della città cintata, che fonda la sua fama sulla serietà, sulla dedizione al cliente, sul modo di essere commercianti come lo si era una volta, chiedendo come stanno i propri cari, creando un legame di fiducia con la propria città e con i cittadini. Lungi da me disquisire sulla deontologia del giornalista ma questa notizia a pieno pagina mi colpisce e mi rimanda a quel lontano 2006, a quelle lezioni teoriche, a quegli insegnamenti, a quel modo di fare giornalismo. Quando ci spiegavano , a noi 30 giovani studenti, che dietro una notizia c'erano delle persone. Degli amici, dei genitori, dei vicini di casa, dei colleghi. Forse non i nostri ma quelli di qualcun altro e non per questo meno tutelabili. Quando ci spiegavano che se devi fare un articolo pieno di numeri, di dati, devi ricordare che dietro quei numeri ci sono delle persone per i quali hanno un peso, quei numeri, ogni giorno. Quando ci spiegavano che dietro un'attività che si conclude, c'è la fatica di una vita di tante persone, di tante famiglie. Ci sono giorni in cui non si sono andati a prendere i figli a scuola, perché bisognava aprire presto il negozio, ci sono domeniche passate senza i propri familiari perché bisognava pensare all'attività, ci sono feste di compleanno festeggiate giusto in tempo perché bisognava provvedere alla pianificazione dei lavori e tanto da fare. Ci sono bambini che aspettano che i genitori non finiscano troppo tardi di lavorare per stare un po' insieme. Ci sono nottate di soci passate a pensare a soluzioni ossigenanti la propria.....userei il vocabolo "attività" ancora una volta, ma forse dovrei dire "vita". Sì, di tutta una vita. A me, a noi 30 giovani hanno insegnato tutto questo.
E Corrado, ha stampato a chiare lettere nella nostra mente il senso di tutta una storia, il dovere di un giornalista, il Will, la priorità di fare informazione, la necessità di fare informatio, di dare forma alla mente delle persone, di dar loro gli strumenti per capire le motivazioni, le conseguenze, le volontà successive, per dar loro una notizia che diventi bagaglio del proprio vissuto, risorsa alla quale poter accedere qualora si dovessero trovare in una situazione simile. Manca una parte di notizia su questa pagina di cronaca della città ma per quanto la mia penna non sia importante quanto quella dei più emeriti giornalisti, diciamo una Bic paragonata alle Mont Blanc di qualcun altro, voglio far sapere ai "Chi" di questa manchevole notizia che la città sa. C'è una stoffa di persone, di commercianti amici, di persone comuni che conoscono quello che non è stato raccontato. Che sono la memoria storica della città, che può essere letta nei racconti scambiati a voce. Che non si pubblica sulla carta stampata un giorno l'anno, ma che si trasmette ora dopo ora, giorno dopo giorno, mese dopo mese. Che è indelebile.
Traendo spunto dalla letteratura per ragazzi, Robin Hood sarebbe stato solo un furfante se qualcuno non ci avesse raccontato il perché e la volontà del fatto. Invece è un personaggio che incarna l'eroe positivo. E' tutto il senso di una storia. Lo direbbe Corrado e, con permesso, avvicinando il mio nome al suo, lo dico anch'io. Un'ex studentessa di giornalismo, una cittadina di Lucca, un'amica, una collega, una trasmettitrice della parte di racconto mancante.
Laura Grassi