lunedì 28 dicembre 2009

Una parola è una parola sola... dal 2009

Come ogni fine di anno ho aperto la scatola arancione. Quella che contiene i biglietti, ricordi, pensieri sparsi di tutto l'anno. Ho rovesciato tutto sul letto e ho preso un quaderno con le pagine trasparenti, prossimo museo di quei cimeli. La musica è andata subito in loop ascoltando uno dei miei passati migliori amici cantare di quella canzone che tanto condividevo, adesso, a distanza di anni. Loop. Scatola vuota. Letto pieno. Propositi per il 2009. Rido. Si sono avverati quasi tutti... Sembra, che in alcuni casi, l'ambizione non sia peccato ma padrona di casa. Ma è facile sognare quando si ha un foglio bianco davanti. Difficile continuare a farlo quando davanti hai sogni, pronti a scoppiare come bolle e tu a guardarli con un catino in mano, a raccogliere il sapone per farne delle altre quando scoppieranno.
"Se dico guarda tu che cosa vedi...?" canta ancora lui. Dodici biglietti d'aereo, Trenta biglietti di treni. Pochi penso. Londra. Roma. Sarei dovuta restare di più. Se avessi tollerato quella città e quel mal di stomaco. Se non avessi viaggiato solo per quei treni, con la nascosta speranza di non arrivare e non tornare indietro mai.
"Legati le mani", dice un biglietto. Sorrido. Era marzo e le metafore erano la mia colpa, le parole svestite la sua supplica, Claudio Baglioni quella voce che cantava. Abbaglio. Effetti collaterali. Libri.
Penso, in questo viaggio, di aver avuto tante "maghe Circe" che invitandomi a seguirle, si sono fermate con me a metà strada. Quell'esatta metà strada per cui poi io sono andata, che mi ha portato a quella giusta. PNL. LIBRI. Ma il lavoro resta fuori dalla scatola, dal letto e dai pensieri. Il lavoro è raccolto in altri quaderni.
Luglio, sono ricordi lontani, non ne sento più l'odore, li guardo galleggiare tra le pagine, senza voce raccontare di qualcosa, che un quando era importante.
Ecco invece il colore. Dicembre. Un'altra maga. Ma è finito l'anno, è finito il decennio. Come fosse una serie TV. Ironico. Nulla sembra per caso.
Primo foglio della scatola arancione, sul 2010. Chissà, penso io. "Senti, una parola è una parola sola..." canta lui.
Chiudo la scatola. Che sia di pancia, cuore oppure gola. Resta una parola.

Laura Grassi
In Alice Dresses

martedì 6 ottobre 2009

Fuga dal Bel Paese

Senza perderci in elucubrazioni strane, lo dice la parola stessa : Bel Paese. Non Paese efficiente, non Paese meritocratico, Paese funzionante. Bel Paese, questo è l’Italia. Terra di ampio respiro, di paesaggi vari e meravigliosi, di clima gentile. Bella. Sì, non a caso, insieme a “Ciao” questo è il terzo vocabolo che da oltralpe associano alla nostra terra, preceduto da “Pizza”. Mentre pensando all’Inghilterra viene in mentre la Regina, le Guardie a cavallo, i bambini vestiti in divisa, Cambridge e Oxford e pensando all’America, un presidente afro-americano a soli cinquanta anni dall’ apartheid. Noi restiamo il Bel Paese. Non siamo gli inglesi, non siamo gli americani e ostinandoci nei nostri modi “caratteristici”, non potremo mai esserlo. Siamo quelli che devono conoscere qualcuno per avere un lavoro ad alti livelli, che devono conoscere qualcun altro per averlo in un posto pubblico, che nonostante abbiano studiato inglese dalle elementari non sanno andare oltre l’ “Hello, my name is..” , che non hanno ancora capito che il “servizio al pubblico” significa che devi evitare di trattarlo male quel pubblico, che sono iper-creativi nel trovare escamotage nel campo del lavoro, che se ne vanno di casa a 32anni e magari a 35 ci ritornano. Una nazione che qualcuno ha definito “un paese per vecchi”. Ed è un vero peccato, e quando inizi ad accorgerti senti l’esigenza di essere apolita. E Se oltre a ciò, decidi poi di trovare una nuova nazionalità, il divorzio dalla terra natia sarà inevitabile e la soddisfazione di vederti aprire portoni, quando prima ti chiudevano in faccia porticine, ti fa venire in mente una sola parola. Casa. Alla faccia del Bel Paese. Voglio la nebbia 350 giorni l’anno, cibo cinese, giapponese, coreano in ogni dove, trasporti pubblici che non sono mai in ritardo, curriculum fatti di referenze e non di lavori immaginari, un figlio che cresca lì, in questo luogo. Con questa mentalità meritocratica, attenta e contemporanea.

giovedì 17 settembre 2009

Ritorno ad Itaca- Arte in Lucca

Tanto è stato scritto, ma poco è stato detto di questa mostra contemporanea che ha animato le stanze dell’ex- Real Collegio di Lucca, per ben quindici giorni.E dire, si rende proprio necessario a celebrare la fine di un percorso che ha fatto partire 45 novelli Ulisse, dopo una lunga battaglia personale, combattuta in ogni dove, per tornare ad Itaca, la terra natia, la patria, la casa.E il cammino è stato lungo e da tutti voluto.Ma il ritorno a casa forse fa sempre trovare cose che non ci si aspettava neanche.E’ stato permesso, per quindici giorni, a visitatori più e meno esperti, più o meno casuali, di passeggiare sotto le volte dell’ex-Real Collegio, incontrando alcuni tra i più nobili esempi della terza e quarta arte: pittura e scultura.Umili figlie dell’arte primaria, l’architettura, si sono fatte meritevoli sostenitrici dell’umiltà dei loro stessi genitori.Ma un’altra arte meno nota e ancor più rara, si poteva osservare passeggiando tra le stanze. Se tempi addietro Edmond De Goncourt avrebbe detto che la cosa che sente più stupidaggini al mondo è probabilmente proprio un quadro al museo, avendo probabilmente ragione, in questa mostra, ogni quadro è stato invece testimone di tutt’altro. Di quella rarissima arte della condivisione, dei continui e benefici scambi culturali tra pittore e pittore, tra scultore e pittore, tra persone, come ci piace definirci, ma ancor meglio, come associati.Associati nel ritorno ad Itaca.Associati nella condivisione di esperienze, nella comunione di intenti, nella nostra visione dell’arte, che speriamo sia la stessa vostra.“Per la mostra?” chiedevano i visitatori a quanti stavano al bancone d’ingresso del l’Ex-Real collegio. “Salga pure le scale”, rispondevamo noi.“C’è appena entrato signore, sa? Li ascolti parlare, guardi i loro volti raccontarsi l’uno all’altro, guardi come si domandano e come attentamente si rispondono, guardi cosa raccontano queste 265 opere. La mostra, proprio questo, la loro Lucca Contemporanea”.Così, forse, avrebbe risposto un quadro, meglio di chiunque altro.
Laura Grassi

venerdì 4 settembre 2009

LAURA COMES TO LONDON

Si scambiarono la casa per le vacanze e lei conobbe chi, con sguardo certo, le promise subito che avrebbe pensato lei a risolvere delle cose che da anni lei non riusciva a risolvere.
Aveva una lista di compiti a cui attenersi, e lei doveva però fare il primo passo.
Cosa avrebbe trovato? E quale delle promesse sarebbe riuscita a diventare realtà?
Laura comes to London....coming soon.